Irina Viktorovna Gajdamačuk, conosciuta come “Satana in gonnella” e la “lupa di Krasnoufimsk,” è una serial killer russa responsabile della morte di 17 donne anziane tra il 2002 e il 2010. Nata nel 1972 a Njagan’, divenne alcolista in giovane età, una dipendenza che influenzò profondamente la sua vita e portò alla perdita della patria potestà dei suoi figli.
Nei primi anni ’90, Gajdamačuk si trasferì a Krasnoufimsk, dove iniziò una relazione con un uomo con cui ebbe due figli. Nonostante apparisse come una madre e moglie normale, la sua vita era segnata da problemi finanziari, in parte a causa della sua dipendenza dall’alcol. Il suo modus operandi si caratterizzava per la brutalità: utilizzava armi contundenti come asce o martelli per attaccare le sue vittime, che spesso erano pensionate sole, rubando poi i loro risparmi. Gli omicidi, oltre che a Krasnoufimsk, avvennero in altre città come Ekaterinburg e Serov.
Modus Operandi
Il modus operandi di Gajdamačuk seguiva uno schema preciso: adescava le sue vittime, donne anziane e sole, spesso durante le ore del mattino, approfittando della loro fiducia. Una volta entrata nelle loro case, le attaccava con violenza, utilizzando strumenti come martelli o asce, per poi rubare denaro e piccoli oggetti di valore. Questo comportamento era alimentato dalla necessità di ottenere denaro per finanziare la sua dipendenza dall’alcol. La mancanza di un chiaro movente psicologico profondo, come vendetta o motivazioni sessuali, rende il suo caso ancor più particolare. La violenza fredda e metodica con cui uccideva suggerisce una personalità priva di empatia e guidata unicamente da bisogni materiali e impulsi compulsivi.
Il Processo
Dopo una lunga indagine, Gajdamačuk fu arrestata nel 2010. Durante il processo, fu accusata di 17 omicidi e di un tentato omicidio. Un altro aspetto controverso del caso fu il coinvolgimento iniziale di un’altra donna, Marina Valeeva, che, sotto pressione della polizia, confessò falsamente alcuni degli omicidi. Un esame psichiatrico confermò che, nonostante la Gajdamačuk mostrasse segni di squilibrio mentale, era comunque lucida e cosciente delle sue azioni al momento dei crimini. Nel febbraio del 2012, fu condannata a 20 anni di reclusione.
Riflessioni culturali e criminologiche
Il caso di Irina Gajdamačuk ha attirato molta attenzione in Russia e all’estero, divenendo un esempio di come una vita apparentemente normale possa nascondere impulsi omicidi nascosti. Il documentario russo “Красноуфимская маньячка” analizza il suo caso, esplorando il contesto socio-culturale e le indagini che portarono alla sua cattura. I media la descrissero come una delle peggiori serial killer donne della storia russa. Altri casi di donne serial killer, come Aileen Wuornos negli Stati Uniti, sono stati spesso confrontati con quello di Gajdamačuk, per comprendere le dinamiche di questo tipo di crimine al femminile. Studi criminologici sulla violenza femminile mostrano come spesso, a differenza dei serial killer uomini, le donne uccidano per motivi legati alla sfera emotiva o per la sopravvivenza, mentre Gajdamačuk rompe questa norma con la sua brutalità e indifferenza.
Riferimenti culturali
Oltre al documentario già citato, il caso di Gajdamačuk è stato discusso in diversi libri di criminologia e in articoli dedicati ai serial killer. “La mano insanguinata: le peggiori assassine della storia” esplora il suo caso in relazione ad altre serial killer, analizzando come l’alcolismo e la povertà possano condurre a crimini di tale brutalità. Anche il libro “La mente criminale” dedica un capitolo al caso di Gajdamačuk, soffermandosi sugli aspetti psicologici e sociali che hanno contribuito alla sua discesa nell’omicidio.
Conclusioni
Irina Gajdamačuk rappresenta un caso complesso e disturbante di una serial killer femminile. Il suo caso ha scosso la Russia e sollevato importanti questioni riguardo la natura del crimine al femminile, la dipendenza dall’alcol e la violenza. Nonostante la sua condanna, la Gajdamačuk continua a essere un soggetto di grande interesse per criminologi e studiosi di psicologia criminale, ponendo domande inquietanti sulle motivazioni che possono spingere una madre apparentemente normale a diventare una delle più terribili assassine della storia recente.
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