Sab, 1 Novembre, 2025
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Jane Toppan: L’Infermiera Assassina che Avvelenò i Suoi Pazienti con un Sorriso

by Leonardo Povia
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Nel mondo della medicina, la fiducia tra paziente e professionista sanitario è fondamentale per una cura efficace. Ma cosa succede quando questa fiducia viene tradita in modo così terribile da un’infermiera che dovrebbe avere a cuore il benessere dei suoi pazienti? Questa è la storia di Jane Toppan, un’infermiera che avvelenò i suoi pazienti con un sorriso sul viso e che divenne nota come “Jolly Jane”.

Con una vita segnata da tragedie e abbandoni, Jane Toppan trasformò il suo desiderio di controllo e il suo bisogno di attenzione in una serie di atti malvagi che sconvolsero la comunità in cui viveva. In questa analisi, esploreremo la vita, i crimini e l’eredità di una delle figure più oscure nella storia della medicina.

Biografia

Jane Toppan nacque come Honora Kelley nel 1854 a Boston, Massachusetts. Le sue origini erano tragiche e segnate da circostanze difficili. Era figlia di immigrati irlandesi, Peter e Bridget Kelley, e aveva una sorella. La sua madre morì di tubercolosi quando Jane aveva solo un anno, lasciando suo padre, noto per essere mentalmente instabile, a prendersi cura delle ragazze.

Peter Kelley, il padre di Jane, era conosciuto nella comunità come un uomo squilibrato e inaffidabile. Era afflitto da problemi mentali e aveva guadagnato il soprannome di “Kelley il pazzo”. Incapace di prendersi cura delle figlie, Peter le lasciò in un orfanotrofio chiamato Boston Female Asylum nel 1860, quando Jane aveva solo sei anni.

Fortunatamente per Jane, fu adottata all’età di otto anni dalla famiglia Toppan di Lowell, Massachusetts. Tuttavia, nonostante la sua nuova famiglia fosse benestante e le fornisse una vita più stabile, Jane non ebbe mai una relazione calorosa con loro. Fu trattata più come una domestica che come una figlia e, di conseguenza, crebbe con un forte desiderio di attenzione e accettazione.

Nel corso della sua vita, Jane dimostrò un comportamento manipolativo e bugiardo. Creava storie fantasiose sulla sua origine e la sua famiglia, cercando di far sembrare che provenisse da una famiglia più affettuosa e prestigiosa. Iniziò a rubare piccoli oggetti dai compagni di classe e dai vicini, probabilmente come un modo per ottenere l’attenzione che desiderava.

Dopo aver terminato la scuola, Jane iniziò a lavorare come infermiera al Cambridge Hospital nel 1885. Qui, divenne nota per la sua apparente devozione e cura nei confronti dei suoi pazienti. Tuttavia, in segreto, iniziò a sperimentare con i farmaci, somministrando dosi letali a pazienti indifesi per osservare gli effetti. La sua carriera criminale come infermiera assassina era appena iniziata.

Durante il suo periodo come infermiera, Jane sviluppò una reputazione di competenza e dedizione. Era ben vista dai colleghi e dai superiori, che spesso le affidavano pazienti in condizioni gravi. Tuttavia, dietro questa facciata di professionalità, Jane nascondeva un desiderio contorto di controllo e un bisogno di attenzione che la spingeva a compiere atti terribili.

Modus Operandi di Jane Toppan

Il modus operandi di Jane Toppan, oltre all’uso di una combinazione di morfina e atropina, era caratterizzato da alcune peculiarità che la distinguevano da altri assassini.

Legame Emotivo con le Vittime: Jane spesso stabiliva un legame emotivo con le sue vittime prima di ucciderle. Era solita avvelenare pazienti, amici e perfino familiari che avevano dimostrato affetto o fiducia nei suoi confronti. Il suo bisogno di attenzione la portava ad avvicinarsi emotivamente alle persone, rendendo i suoi atti ancora più atroci. Jane era conosciuta per alterare deliberatamente le dosi di farmaci somministrati ai pazienti. Aumentava o diminuiva le dosi per vedere come reagivano i pazienti. Questo le dava un senso di controllo e potere sulla vita e la morte delle persone.

Jane era spesso presente al capezzale delle sue vittime mentre morivano, fingendo di prestar loro assistenza. In realtà, traeva piacere dall’atto di uccidere e dal guardare le sue vittime soffrire e morire. Era attratta dalla sofferenza altrui e spesso descriveva l’esperienza come un’emozione sessuale. Jane tendeva a scegliere vittime che erano già in condizioni di salute precarie, come pazienti anziani o gravemente malati. Questo rendeva più difficile per i medici e le famiglie sospettare di avvelenamento come causa della morte, dal momento che queste persone erano già vulnerabili e spesso ci si aspettava che la loro salute peggiorasse.

Manipolazione delle Prove: Jane era abile nel manipolare le prove e nel nascondere le tracce dei suoi crimini. Ad esempio, poteva somministrare farmaci in modo tale che i sintomi apparissero solo dopo che lei aveva terminato il turno, facendo sembrare che la morte fosse stata causata da cause naturali o da errori di altri membri del personale medico.

Il modus operandi di Jane Toppan era caratterizzato da un mix di manipolazione emotiva, sperimentazione con farmaci, presenza durante la morte delle vittime, selezione di vittime vulnerabili e abile occultamento delle prove. Tutto ciò contribuiva a rendere i suoi crimini particolarmente insidiosi e difficili da scoprire.

La scoperta dei crimini di Jane Toppan ebbe inizio nel 1901, quando avvelenò Minnie Gibbs, una donna della quale aveva guadagnato la fiducia. Minnie era la figlia di Alden Davis, un altro paziente di Jane che era morto in circostanze misteriose poco tempo prima. La morte di Minnie suscitò sospetti nella famiglia Gibbs, che decise di far eseguire un’autopsia sul corpo della donna. Gli esami tossicologici rivelarono tracce di veleno, in particolare atropina e morfina, sostanze che erano state somministrate in dosi letali.

Questo risultato spinse le autorità ad indagare sulla morte di altri pazienti che erano stati sotto la cura di Jane. Scoprirono che molte delle persone che erano morte mentre erano assistite da Jane mostravano sintomi simili a quelli causati dall’avvelenamento. Questi risultati fecero emergere ulteriori sospetti, portando all’arresto di Jane.

Dopo il suo arresto, Jane fu interrogata e, inizialmente, negò le accuse. Tuttavia, alla fine confessò di aver avvelenato almeno 31 persone, anche se il numero reale di vittime potrebbe essere stato molto più alto. La sua confessione fu dettagliata e rivelò che aveva sperimentato con varie sostanze e dosi per vedere come reagivano i suoi pazienti.

Durante il processo, esperti psichiatrici esaminarono Jane e conclusero che era afflitta da una grave malattia mentale, che la spingeva a compiere i suoi crimini. Fu quindi dichiarata non colpevole per infermità mentale e trascorse il resto della sua vita in un ospedale psichiatrico.

Fu la combinazione di sospetti iniziali, esami tossicologici, indagini sulla morte di altri pazienti, la confessione di Jane e la valutazione del suo profilo psicologico che portò alla scoperta dei suoi terribili crimini e alla sua condanna.

Riferimenti culturali

La figura di Jane Toppan, conosciuta anche come “Jolly Jane”, ha lasciato un’impronta indelebile nella cultura popolare e nell’immaginario collettivo come un esempio di come la malvagità possa celarsi dietro un’apparenza di gentilezza e professionalità. I suoi crimini e la sua storia hanno ispirato una serie di riferimenti culturali in vari media.

Libri: Diversi autori hanno scritto libri e saggi su Jane Toppan e i suoi crimini. Uno degli esempi più noti è “Fatal: The Poisonous Life of a Female Serial Killer” di Harold Schechter. Questo libro dettaglia la vita di Toppan, i suoi crimini e il contesto storico in cui ha operato.

Documentari: Jane Toppan è stata oggetto di vari documentari nel corso degli anni. Essi esplorano il suo passato tormentato, il suo modus operandi e le implicazioni dei suoi crimini nella storia della medicina e della criminologia.

Programmi televisivi: Alcuni episodi di serie televisive incentrate sui crimini veri hanno dedicato episodi alla storia di Jane Toppan. Programmi come “Deadly Women” e “American Monster” hanno presentato i suoi crimini e analizzato la sua psicologia.

Podcast: Il genere true crime è diventato particolarmente popolare nei podcast, e molti di essi hanno discusso del caso di Jane Toppan. Programmi come “Criminal” e “My Favorite Murder” hanno analizzato i dettagli dei suoi avvelenamenti e delle sue vittime.

Teatro: La storia di Jane Toppan è stata anche portata sul palcoscenico. Alcune produzioni teatrali hanno esplorato la sua vita e i suoi crimini, cercando di dare voce alle vittime e di comprendere meglio le motivazioni dietro le sue azioni.

Musica: Alcuni artisti musicali hanno citato o fatto riferimento a Jane Toppan nelle loro canzoni, spesso in contesti in cui esplorano temi di malvagità, inganno e tradimento.

La figura di Jane Toppan continua a influenzare la cultura popolare e ad essere esplorata in vari media. La sua storia serve come un avvertimento sui pericoli che possono celarsi dietro un’apparenza di gentilezza e professionalità, e sulle conseguenze devastanti che possono derivare da una mente malata che ha accesso a potenti mezzi di morte.

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