Killer (da to kill, uccidere) indica, letteralmente, l’uccisore, l’assassino: tale termine, impostosi nel linguaggio comune, è andato assumendo il significato più specifico di chi uccide per mandato altrui, colui che un tempo veniva definito sicario. Killer è, dunque, un soggetto che esercita il mestiere di assassino (come, per esempio, l’uomo di mafia), una sorta di specialista dell’omicidio, professionista o dilettante che sia.
Ma il serial killer, nella classificazione del serial killer, è ben altra cosa rispetto all’omicida a pagamento.
Come abbiamo visto, gli assassini seriali sono sempre esistiti, ma anticamente venivano definiti con i nomi più svariati: “pazzi sanguinari”, “lupi mannari”, “vampiri”, “maniaci omicidi”, “assassini a catena”, “pluriomicidi”. Fu solo nel XIX secolo che Krafft-Ebing (1879) pubblicò uno scritto dal titolo Psychopatia Sexualis, nel quale definì “uccisione per libidine” quel particolare tipo di omicidio in cui l’uccisione della vittima contribuisce direttamente alla stimolazione del piacere sessuale. Questa categoria di assassini trovò corrispondenza nella definizione di “lust murderer” in vigore all’epoca nella cultura tedesca, lì dove per “lust” si intende, per l’appunto, libidine. L’omicida seriale sarebbe, quindi, colui che uccide per piacere, per una sorta di eccitazione e/o gratificazione sessuale che si verificano al momento dell’atto omicida. Ma è anche colui che uccide preso da una compulsione, che provoca una catena di morti dietro di sé con caratteristiche comuni.
Il criminologo James Reinhardt (1957), infatti, fu il primo ad utilizzare, nel suo libro Sex Perversion and Sex Crimes, la definizione di “chain killer” , proprio per indicare l’assassino che lascia dietro di sé una catena di omicidi.
Alcuni anni più tardi, nel 1966, John Brophy, uno studioso inglese, identifica lo stesso fenomeno con il termine “serial murderer”, definizione poi ripresa dallo psichiatra forense Donald Lunde, circa dieci anni dopo, nel suo testo Murder and Madness.
Fino all’inizio degli anni ’70, però, questo tipo di criminale veniva, nella maggior parte dei casi, genericamente definito “multiple killer” (assassino multiplo). Sotto questa denominazione erano raggruppati tutti gli assassini che uccidevano più di una vittima, senza operare, però, alcuna distinzione tra i diversi eventi delittuosi.
L’espressione “serial killer” venne coniata negli Stati Uniti e, precisamente, dagli agenti dell’F.B.I: la paternità di questo termine non è casuale, dato che gli Stati Uniti presentano il numero più alto di assassini seriali nel mondo. La definizione data dall’F.B.I, che, tuttavia, oggi appare minimalistica e piuttosto asettica, è la seguente: “un serial killer è un soggetto che uccide più persone, generalmente più di due, in tempi e luoghi diversi, senza che sia immediatamente chiaro il perché, anche se lo sfondo sessuale del delitto è quasi sempre riconoscibile”. Non deve perciò stupire che, genericamente, si identifichi il serial killer con l’omicida sadico che rapisce le sue vittime e le uccide secondo un rituale di ferocia, che può prevedere ogni genere di sevizie, torture e violenze sessuali pre o post mortem, compresi fenomeni di cannibalismo, vampirismo o necrofilia. Occorre, però, sottolineare che il legame sesso-violenza è solo uno dei moventi fondamentali del meccanismo psicodinamico dell’assassino seriale, caratterizzato da un ampio ventaglio di motivazioni ben più complesse, come vedremo in seguito.
Ma il compito dell’F.B.I non si fermò alla definizione del serial killer: dopo un lavoro sistematico (anche se non ben documentato secondo gli studiosi contemporanei) di analisi degli assassini multipli incarcerati nelle prigioni americane, gli esperti individuarono tre categorie di omicida multiplo, il mass murderer, lo spree killer e il serial killer.
Vediamoli nel dettaglio:
- il Mass murderer o assassino di massa è colui che uccide almeno quattro vittime in un medesimo luogo, in uno stesso evento. Il soggetto non conosce le sue vittime, che vengono scelte casualmente. Sono escluse da questa classificazione le stragi di tipo terroristico, mafioso e di guerra. A loro volta, i mass murderer vengono suddivisi in classic mass murderer che inizia improvvisamente ad uccidere, solitamente sparando all’impazzata, con il solo desiderio di uccidere quante più persone possibile (le vittime rappresentano l’istituzione che l’assassino intende colpire e alla fine della strage l’omicida si uccide o si fa uccidere dalla polizia) e il family mass murderer che uccide membri della famiglia e anche in questo caso, si uccide dopo gli omicidi. Solitamente, in entrambi i casi, le azioni delittuose sono precedute da eventi di vita particolarmente stressanti, come cambiamenti di lavoro, licenziamenti, trasferimento, oppure lutti, malattie gravi, separazioni, ecc;
- lo Spree killer o assassino compulsivo è colui che uccide due o più vittime, in luoghi diversi, ma adiacenti, in un lasso di tempo molto breve; tali crimini, spesso, hanno un’unica causa scatenante e sono tra loro concatenati. Anche in questo caso, il soggetto non conosce le sue vittime e, lasciando molte tracce dietro il suo passaggio, tende ad essere catturato facilmente. Studiosi contemporanei ritengono che questo tipo di assassino uccida almeno tre persone nell’arco di 30 giorni, al termine dei quali o si uccide o viene arrestato;
- il Serial killer o assassino seriale è colui che uccide almeno tre vittime, in eventi distinti, in luoghi separati e con un periodo di intervallo emotivo tra un omicidio e l’altro; egli può colpire una vittima scelta casualmente o sceglierla accuratamente e ritiene di non essere mai catturato. Per questo motivo, spesso, sfida le forze dell’ordine. Può trasformarsi in spree killer, se attaccato.
La definizione elaborata dagli agenti speciali del Dipartimento di Scienze Comportamentali dell’F.B.I con sede a Quantico, in Virginia, è stata molto criticata per svariati motivi:
- non viene specificata la lunghezza del periodo di intervallo emotivo tra un omicidio e l’altro affinché si possa parlare di assassinio seriale piuttosto che di omicidio compulsivo o di massa;
- si ritenevano eccessive le tre vittime necessarie ad un assassino per poterlo ritenere serial killer. Spesso, infatti, assassini arrestati o uccisi dopo la seconda vittima presentavano tutte le caratteristiche tipiche del serial killer, tranne il numero di vittime. Per questo motivo, il National Institute of Justice americano, nel 1988, apportò come principale innovazione alla definizione classica, quella di abbassare a due il tetto delle vittime necessarie per definire un assassino serial killer;
- il movente sessuale, indicato nella definizione dell’F.B.I come quello “quasi sempre riconoscibile” all’interno degli omicidi compiuti dai serial killer, appare riduttivo e non generalizzabile alla totalità degli assassini seriali in circolazione, nonché poco attendibile, in quanto si basa su un campione ristretto di assassini seriali comprendente 36 serial killer a movente sessuale, rinchiusi nei carceri americani.
Infatti, il lavoro degli agenti speciali Robert K. Ressler, e John Douglas, inizia nel 1976 con una serie di interviste a cui furono sottoposti solo 36 serial killer che avevano ucciso per motivi sessuali, un campione scelto senza rispettare le regole di casualità , solo in base alla partecipazione volontaria dei singoli soggetti e che qualsiasi statistico considererebbe inattendibile perché non rappresentativo dell’intera popolazione da prendere in considerazione. Inoltre, le interviste si basavano su questionari non strutturati e non è mai stata presentata un’analisi dettagliata del materiale impiegato né tantomeno i nomi degli assassini coinvolti nel progetto. Aiutati dalla psichiatra Ann Burgess, gli agenti dell’F.B.I si limitarono a mostrare le tabelle riassuntive con le risposte degli assassini. Ma questo lavoro di ricerca portò anche ad una seconda classificazione dei serial killer, che indaga i rapporti tra scena del crimine e personalità dell’aggressore, portata a compimento nel 1988.
Ressler, Burgess e Douglas (1988) identificarono due tipi di criminale: l’organizzato e il disorganizzato
CRIMINALE ORGANIZZATO | CRIMINALE DISORGANIZZATO |
Crimine pianificato | Crimine impulsivo |
Vittima selezionata | Vittima scelta a caso |
L’assassino personalizza la vittima | Depersonalizzazione della vittima |
Conversazione con la vittima | Scambio verbale minimo |
Scena del crimine ordinata | Scena del crimine disordinata |
Vittima sottomessa | Scoppio di violenza improvviso |
Uso di mezzi di costrizione fisica | Assenza di mezzi di costrizione |
Azioni aggressive e sadiche | Atti sessuali post mortem |
Spostamento del cadavere | Corpo abbandonato dopo il delitto |
Uso premeditato di un’arma | Scelta d’impeto dell’arma |
Rimozione dell’arma | Arma lasciata sul luogo |
Tracce fisiche assenti o scarse | Numerose tracce fisiche |
Tabella 1: Caratteristiche principali del criminale organizzato e disorganizzato secondo l’F.B.I (Ressler, Burgess e Douglas, 1988)
Come possiamo comprendere dalla tabella, quindi, i serial killer organizzati pianificano con cura il delitto, scegliendo le vittime e il luogo dove si compirà l’omicidio. Utilizzano un’arma propria e non lasciano tracce. Sono individui in apparenza normali, socialmente inseriti, spesso coniugati. E’ difficile individuarli e catturarli perché posseggono un alto quoziente intellettivo: riescono, perciò, ad uccidere diverse persone, in luoghi anche molto distanti, prima di essere eventualmente catturati. Amano seguire le proprie imprese attraverso i media e spesso sfidano le autorità , inviando messaggi denigratori. Nella maggior parte dei casi, le perizie li indicano come soggetti capaci di intendere e di volere anche se presentano disturbi della personalità o di carattere sessuale.
Al contrario, i serial killer disorganizzati uccidono per un impulso improvviso, senza scegliere la vittima e senza curarsi di non lasciare tracce, utilizzando un’arma trovata sul posto; il luogo del delitto è disordinato e si trova di solito nei pressi dell’abitazione dell’assassino. Usano un’estrema violenza e spesso commettono atti sessuali con i cadaveri o cannibalismo. Tali assassini sono psichicamente disturbati, psicotici nella maggior parte dei casi, incapaci di programmare un piano di fuga, perciò possono essere catturati con meno difficoltà dei serial killer organizzati, dopo i primi delitti.
Secondo De Pasquali (2004), va considerato anche l’omicidio seriale a pianificazione parziale, che si ritrova quando il comportamento del soggetto durante un delitto è organizzato, ma l’assassino compie degli errori, oppure se durante una catena di delitti, il serial killer compie alcuni delitti in maniera organizzata e altri in maniera disorganizzata.
Dalla definizione classica di Ressler, Douglas e Burgess emergono, quindi, le prime caratteristiche anche del profilo del serial killer, quello di cui parleremo successivamente, che diventa di grande importanza per l’individuazione e la cattura dell’assassino, come possiamo notare anche dalla tabella 2.
CRIMINALE ORGANIZZATO | CRIMINALE DISORGANIZZATO |
Quoziente intellettivo elevato | Intelligenza media |
Socialmente competente | Socialmente immaturo |
Lavoro qualificato | Lavoro poco qualificato |
Sessualmente competente | Sessualmente incompetente |
Figlio unico o primogenito | Uno dei figli minori |
Padre con lavoro fisso | Padre senza lavoro fisso |
Disciplina poco severa nell’infanzia | Forte autorità parentale |
Autocontrollo al momento del crimine | Tendenza all’ansia |
Assume alcoolici durante il crimine | Assunzione minima di alcool |
Situazione di stress precipita l’azione | Assenza o quasi di stress |
Vive con un/a partner | Vive solo |
Si sposta con veicoli | Vive presso il luogo del crimine |
Può cambiare lavoro o città | Non cambia stile di vita |
Luogo del crimine ordinato | Luogo del crimine disordinato |
Violenze prima dell’uccisione | Atti di libidine post mortem |
Tabella 2: Caratteristiche principali del profilo del criminale organizzato e disorganizzato secondo l’F.B.I (Ressler, Burgess e Douglas, 1988)
Dalle caratteristiche appena elencate emergono due tipi ben distinti di serial killer, che agiscono con modalità lontane l’una dall’altra e che, soprattutto hanno vissuto infanzia ed adolescenza differenti, in special modo per le tipologie di famiglie all’interno delle quali sono nati e cresciuti.
Ovviamente, anche questa classificazione ha suscitato una lunga serie di critiche che hanno portato alla nascita del criminal profiling, così come oggi viene utilizzato, come vedremo nel capitolo destinato alle tecniche investigative.
Fonte: Trisciuoglio, B. Il Serial Killer: Profilo Psicologico, Classificazione e Tecniche Investigative. Tesina presentata per il Corso di Formazione in Psicologia Giuridica, Psicopatologia e Psicodiagnostica Forense presso l’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica, 2010.
Potrebbe interessarti: SERIAL KILLER CENNI STORICI
Potrebbe interessarti: Ottis Toole e Henry Lee Lucas: Un’Ombra Nel Buio
Segui sui Facebook.