Sab, 8 Febbraio, 2025
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Definizione e classificazione del serial killer

by Leonardo Povia
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Il criminologo James Reinhardt (1957), infatti, fu il primo ad utilizzare, nel suo libro Sex Perversion and Sex Crimes, la definizione di “chain killer” , proprio per indicare l’assassino che lascia dietro di sé una catena di omicidi.

L’espressione “serial killer” venne coniata negli Stati Uniti e, precisamente, dagli agenti dell’F.B.I: la paternità di questo termine non è casuale, dato che gli Stati Uniti presentano il numero più alto di assassini seriali nel mondo. La definizione data dall’F.B.I, che, tuttavia, oggi appare minimalistica e piuttosto asettica, è la seguente: “un serial killer è un soggetto che uccide più persone, generalmente più di due, in tempi e luoghi diversi, senza che sia immediatamente chiaro il perché, anche se lo sfondo sessuale del delitto è quasi sempre riconoscibile”. Non deve perciò stupire che, genericamente, si identifichi il serial killer con l’omicida sadico che rapisce le sue vittime e le uccide secondo un rituale di ferocia, che può prevedere ogni genere di sevizie, torture e violenze sessuali pre o post mortem, compresi fenomeni di cannibalismo, vampirismo o necrofilia. Occorre, però, sottolineare che il legame sesso-violenza è solo uno dei moventi fondamentali del meccanismo psicodinamico dell’assassino seriale, caratterizzato da un ampio ventaglio di motivazioni ben più complesse, come vedremo in seguito.

Ma il compito dell’F.B.I non si fermò alla definizione del serial killer: dopo un lavoro sistematico (anche se non ben documentato secondo gli studiosi contemporanei) di analisi degli assassini multipli incarcerati nelle prigioni americane, gli esperti individuarono tre categorie di omicida multiplo, il mass murderer, lo spree killer e il serial killer.

Vediamoli nel dettaglio:

  • il Mass murderer o assassino di massa è colui che uccide almeno quattro vittime in un medesimo luogo, in uno stesso evento. Il soggetto non conosce le sue vittime, che vengono scelte casualmente. Sono escluse da questa classificazione le stragi di tipo terroristico, mafioso e di guerra. A loro volta, i mass murderer vengono suddivisi in classic mass murderer che inizia improvvisamente ad uccidere, solitamente sparando all’impazzata, con il solo desiderio di uccidere quante piĂą persone possibile (le vittime rappresentano l’istituzione che l’assassino intende colpire e alla fine della strage l’omicida si uccide o si fa uccidere dalla polizia) e il family mass murderer che uccide membri della famiglia e anche in questo caso, si uccide dopo gli omicidi. Solitamente, in entrambi i casi, le azioni delittuose sono precedute da eventi di vita particolarmente stressanti, come cambiamenti di lavoro, licenziamenti, trasferimento, oppure lutti, malattie gravi, separazioni, ecc;
  • lo Spree killer o assassino compulsivo è colui che uccide due o piĂą vittime, in luoghi diversi, ma adiacenti, in un lasso di tempo molto breve; tali crimini, spesso, hanno un’unica causa scatenante e sono tra loro concatenati. Anche in questo caso, il soggetto non conosce le sue vittime e, lasciando molte tracce dietro il suo passaggio, tende ad essere catturato facilmente. Studiosi contemporanei ritengono che questo tipo di assassino uccida almeno tre persone nell’arco di 30 giorni, al termine dei quali o si uccide o viene arrestato;
  • il Serial killer o assassino seriale è colui che uccide almeno tre vittime, in eventi distinti, in luoghi separati e con un periodo di intervallo emotivo tra un omicidio e l’altro; egli può colpire una vittima scelta casualmente o sceglierla accuratamente e ritiene di non essere mai catturato. Per questo motivo, spesso, sfida le forze dell’ordine. Può trasformarsi in spree killer, se attaccato.

La definizione elaborata dagli agenti speciali del Dipartimento di Scienze Comportamentali dell’F.B.I con sede a Quantico, in Virginia, è stata molto criticata per svariati motivi:

  • non viene specificata la lunghezza del periodo di intervallo emotivo tra un omicidio e l’altro affinchĂ© si possa parlare di assassinio seriale piuttosto che di omicidio compulsivo o di massa;
  • si ritenevano eccessive le tre vittime necessarie ad un assassino per poterlo ritenere serial killer. Spesso, infatti, assassini arrestati o uccisi dopo la seconda vittima presentavano tutte le caratteristiche tipiche del serial killer, tranne il numero di vittime. Per questo motivo, il National Institute of Justice americano, nel 1988, apportò come principale innovazione alla definizione classica, quella di abbassare a due il tetto delle vittime necessarie per definire un assassino serial killer;
  • il movente sessuale, indicato nella definizione dell’F.B.I come quello “quasi sempre riconoscibile” all’interno degli omicidi compiuti dai serial killer, appare riduttivo e non generalizzabile alla totalitĂ  degli assassini seriali in circolazione, nonchĂ© poco attendibile, in quanto si basa su un campione ristretto di assassini seriali comprendente 36 serial killer a movente sessuale, rinchiusi nei carceri americani.

Infatti, il lavoro degli agenti speciali Robert K. Ressler, e John Douglas, inizia nel 1976 con una serie di interviste a cui furono sottoposti solo 36 serial killer che avevano ucciso per motivi sessuali, un campione scelto senza rispettare le regole di casualità, solo in base alla partecipazione volontaria dei singoli soggetti e che qualsiasi statistico considererebbe inattendibile perché non rappresentativo dell’intera popolazione da prendere in considerazione. Inoltre, le interviste si basavano su questionari non strutturati e non è mai stata presentata un’analisi dettagliata del materiale impiegato né tantomeno i nomi degli assassini coinvolti nel progetto. Aiutati dalla psichiatra Ann Burgess, gli agenti dell’F.B.I si limitarono a mostrare le tabelle riassuntive con le risposte degli assassini. Ma questo lavoro di ricerca portò anche ad una seconda classificazione dei serial killer, che indaga i rapporti tra scena del crimine e personalità dell’aggressore, portata a compimento nel 1988.

Ressler, Burgess e Douglas (1988) identificarono due tipi di criminale: l’organizzato e il disorganizzato

CRIMINALE ORGANIZZATOCRIMINALE DISORGANIZZATO
Crimine pianificatoCrimine impulsivo
Vittima selezionataVittima scelta a caso
L’assassino personalizza la vittimaDepersonalizzazione della vittima
Conversazione con la vittimaScambio verbale minimo
Scena del crimine ordinataScena del crimine disordinata
Vittima sottomessaScoppio di violenza improvviso
Uso di mezzi di costrizione fisicaAssenza di mezzi di costrizione
Azioni aggressive e sadicheAtti sessuali post mortem
Spostamento del cadavereCorpo abbandonato dopo il delitto
Uso premeditato di un’armaScelta d’impeto dell’arma
Rimozione dell’armaArma lasciata sul luogo
Tracce fisiche assenti o scarseNumerose tracce fisiche

Dalla definizione classica di Ressler, Douglas e Burgess emergono, quindi, le prime caratteristiche anche del profilo del serial killer, quello di cui parleremo successivamente, che diventa di grande importanza per l’individuazione e la cattura dell’assassino, come possiamo notare anche dalla tabella 2.

CRIMINALE ORGANIZZATOCRIMINALE DISORGANIZZATO
Quoziente intellettivo elevatoIntelligenza media
Socialmente competenteSocialmente immaturo
Lavoro qualificatoLavoro poco qualificato
Sessualmente competenteSessualmente incompetente
Figlio unico o primogenitoUno dei figli minori
Padre con lavoro fissoPadre senza lavoro fisso
Disciplina poco severa nell’infanziaForte autorità parentale
Autocontrollo al momento del crimineTendenza all’ansia
Assume alcoolici durante il crimineAssunzione minima di alcool
Situazione di stress precipita l’azioneAssenza o quasi di stress
Vive con un/a partnerVive solo
Si sposta con veicoliVive presso il luogo del crimine
Può cambiare lavoro o cittàNon cambia stile di vita
Luogo del crimine ordinatoLuogo del crimine disordinato
Violenze prima dell’uccisioneAtti di libidine post mortem

Tabella 2: Caratteristiche principali del profilo del criminale organizzato e disorganizzato secondo l’F.B.I (Ressler, Burgess e Douglas, 1988)

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