Lun, 12 Maggio, 2025
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Psicopatologia del serial killer

Un'immersione nella mente oscura del serial killer: la psicopatologia e le dinamiche complesse che si celano dietro il comportamento criminale. Scopri gli elementi che influenzano e definiscono una mente deviante, tra conflitti interiori e caos mentale. #Psicopatologia #SerialKiller #Criminologia #MenteCriminale

by Leonardo Povia
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Quelli di piĂą frequente riscontro negli assassini seriali sono, per De Pasquali (2004) i seguenti:

Disturbi mentali su base organica: molte sindromi psichiatriche possono essere originate da svariate condizioni patologiche organiche che interessano il Sistema Nervoso Centrale. Le psicosi da alcool o da droghe, la sindrome del lobo frontale, le sindromi post traumatiche, le infezioni intracraniche, la meningite, l’HIV, la neoplasia cerebrale, rappresentano diagnosi spesso riscontrate nei serial killer. Le psicosi organiche sono caratterizzate dalla presenza di deliri a contenuto mistico, persecutorio o di influenzamento, allucinazioni uditive e visive, stati confusionali, labilità affettiva, marcate alterazioni del comportamento. Ma i comportamenti omicidiari possono verificarsi anche in casi di intossicazione o astinenza da sostanze psicoattive: alcol e droghe, come è noto, possono incrementare l’incidenza di comportamenti violenti e determinano, con il tempo, un cambiamento stabile della personalità, in senso peggiorativo. Queste sostanze, infatti, inducono persistenti modifiche dei parametri relativi all’Io ed all’interazione Io-Mondo, alterando i paradigmi comportamentali: in questo nuovo modo di esperire se stessi e il mondo, anche la morte e, dunque, l’uccidere, hanno significati e valore mutati. Il soggetto che commette un delitto trovandosi in stato di intossicazione acuta da alcool o droghe è ritenuto giuridicamente responsabile. Di contro, stati di intossicazione cronica di alcool e la condizione di tossicodipendenza cronica, determinando danni organici cerebrali permanenti, rendono non imputabile il soggetto. Anche l’Aids riveste importanza criminologica nel momento in cui determina sindromi psichiatriche organiche quali psicosi o demenza che causano gravi disturbi del comportamento, di cui l’autore, tossicodipendente, non è ritenuto responsabile.

Disturbi mentali dell’età evolutiva. I serial killer sono, spesso, affetti da disturbi solitamente diagnosticati per la prima volta nell’infanzia, nella fanciullezza e nell’adolescenza: ritardo mentale, disturbi dell’apprendimento (disturbi della lettura, del calcolo, dell’espressione scritta), disturbi della comunicazione (disturbi del linguaggio, balbuzie), disturbi generalizzati dello sviluppo (disturbo autistico, disturbo disintegrativo della fanciullezza, disturbo di Asperger), disturbi da deficit di attenzione/iperattività, disturbo della condotta, disturbo oppositivo/provocatorio, disturbo da comportamento dirompente, disturbi da tic, disturbi dell’evacuazione (encopresi, enuresi), disturbo da ansia di separazione. Tutte queste patologie sono frequenti nelle prime fasi della vita degli assassini seriali e la loro insorgenza è facilmente comprensibile in considerazione delle terribili esperienze familiari e sociali e dei traumi psicofisici che contraddistinguono le storie di vita della grande maggioranza di tali omicidi.

Le psicosi. Sono da annoverare la schizofrenia, la paranoia e il disturbo psicotico condiviso. La prima patologia è presente nel 16% dei serial killer italiani e il tipo di omicidio da loro commesso si può inscrivere in due classi: l’omicidio da impulso (dovuto a sconcertanti intuizioni e a trasformazioni percettive del contesto: improvviso e immotivato, è un atto impulsivo, esplosivo, istintivo, un automatismo psicomotorio che avviene senza stimoli esterni. Il soggetto non sa fornire spiegazioni dell’atto e afferma di non sapere perché ha ucciso) e l’omicidio reattivo all’esperienza delirante o allucinatoria (che scaturisce dalla convinzione delirante che una persona sia un persecutore. In altri casi, sono voci imperative ad ordinare allo schizofrenico di uccidere. Il soggetto sperimenta una sensazione di grave minaccia e si vede costretto alla difesa mediante l’eliminazione del presunto nemico). In tutti i casi, si tratta di un delitto immotivato perché l’omicidio non trova alcuna giustificazione nella logica comune, essendo frutto di impulsi irrazionali, deliri o allucinazioni. Lo schizofrenico non avverte pentimento, dolore o rimorso dopo aver compiuto l’omicidio, anzi, a volte può avere senso di liberazione da una minaccia. Le armi più utilizzate sono quelle da taglio o corpi contundenti: l’omicidio è spesso cruento e seguito dal danneggiamento del cadavere. Per quanto riguarda la paranoia, il disturbo si caratterizza per la presenza di un delirio lucido, organizzato, realistico, che può essere di persecuzione, di grandezza, di gelosia, erotomanico o misto. Non sono presenti allucinazioni, la personalità del soggetto è conservata, il comportamento adeguato. Il paranoico è potenzialmente molto pericoloso e, non riconoscendo di essere malato, rifiuta qualunque cura. Infine, il disturbo psicotico condiviso è quello rappresentato dalla follia a due che consiste nelle trasmissione o induzione di idee deliranti da un soggetto che ha già un delirio in atto ad un altro, che prima non ne soffriva, in un contesto di relazione molto stretta. Casi di omicidi seriali in cui è stato chiamato in causa tale disturbo sono avvenuti in tutto il mondo, ma mentre di solito si tratta di coppie maschio-femmina, in Italia abbiamo avuto casi di coppie dello stesso sesso.

Parafilie (ex perversioni sessuali). Tra gli aspetti in comune a molti serial killer vi sono i disturbi sessuali. Il DSM IV divide i disturbi sessuali in parafilie e disfunzioni sessuali: le parafilie sono comportamenti sessuali caratterizzati dal fatto che l’eccitamento erotico è prodotto da un oggetto o da una situazione che normalmente non produce tale effetto. Spesso in uno stesso soggetto sono presenti due o più parafilie. Gli assassini seriali, individui spesso frustrati, attraverso il comportamento perverso ottengono una gratificazione, anche se transitoria. Si tratta di soggetti che hanno vissuto precocemente (nell’infanzia o nell’adolescenza) esperienze sessuali sgradevoli, solitamente di abuso e in seguito essi stessi, a loro volta, mettono in atto comportamenti sessuali aggressivi. Gli elementi in comune tra quelli riscontrati nei serial killer sono: il piacere sessuale proviene da un atto masturbatorio successivo all’atto perverso, l’atto perverso provoca solo una scarsa eccitazione sessuale e, per questo; il serial killer inizia presto la ricerca di un’altra vittima da cui ricavare piacere sessuale; non vi è coinvolgimento emotivo del serial killer con la vittima, che viene usata esclusivamente come un oggetto che deve fornire una gratificazione sessuale. Tra le parafilie normalmente riscontrate nei serial killer, quelle più gravi sono: il sadismo (l’assassino trae piacere dal dolore fisico o morale inflitto alla vittima e dal dominio completo su quest’ultima. Atti sadici comuni sono imprigionare, bendare, violentare, procurare ferite, torturare, mutilare, strangolare), la pedofilia (che può esprimersi come esibizionismo o voyeurismo fino all’attività sessuale vera e propria), il feticismo (consiste nello scaricare il desiderio erotico su un particolare oggetto o su una parte del corpo), la necrofilia (che consiste nell’attrazione sessuale verso il cadavere), il cannibalismo (è una pratica che si basa sul mangiare la carne dei propri simili) e il vampirismo (consiste nella pratica di privare stimolo sessuale ed orgasmo succhiando sangue ai vivi). In particolare, rispetto al serial killer sadico, è necessario fare una distinzione tra l’impotente sessuale e lo stupratore: il primo sfoga sulla donna la propria aggressività repressa non riuscendo a stabilire una relazione adeguata né riuscendo ad avere un normale rapporto sessuale con una donna, oggetto sessuale temuto a causa della propria omosessualità repressa, mentre il secondo presenta un eccesso di impulsi sessuali che si manifesta improvvisamente in modo esplosivo e compulsivo. Il momento in cui l’assassino uccide è, spesso, quello in cui prova l’orgasmo e l’omicidio avviene sempre attraverso un contatto diretto con il corpo della vittima, in modo tale da poter esercitare il controllo completo su di lei. Rispetto alla pedofilia, invece, dobbiamo distinguere tra il pedofilo violento, che è sadico, gode nello stuprare, torturare e assassinare i bambini e il pedofilo non violento che seduce il bambino facendo leva sulle carenze affettive del piccolo.

Disturbo di personalità si ha quando i tratti di personalità, intesi come i modi costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambiente e di se stessi, diventano rigidi e non adattivi, causando una compromissione del funzionamento sociale e lavorativo, oppure una sofferenza soggettiva. I più significativi riscontrati nei serial killer sono: disturbo antisociale di personalità (modalità di comportamento irresponsabile ed antisociale che inizia già nell’infanzia o nell’adolescenza: si osservano atti illegali, disonestà e menzogna, nessuna capacità empatica con la vittima, nessun rimorso dopo l’aggressione), disturbo borderline di personalità (instabilità delle relazioni personali, dell’immagine di sé e dell’umore, marcata impulsività con abuso di sostanze illecite, atti autolesionistici, sintomi dissociativi temporanei, ecc), disturbo narcisistico di personalità (modalità pervasiva di grandiosità, necessità di ammirazione, mancanza di empatia).

Disturbo del controllo degli impulsi. Consiste in impulsi non classificati altrove e ne fanno parte il disturbo esplosivo intermittente (per il quale il soggetto agisce con impulsi aggressivi che causano gravi atti violenti, spropositati rispetto al fattore stressante precipitante) e la piromania (mezzo per scaricare parzialmente le proprie tensioni sessuali), presente nel 56% dei serial killer. Piromania, enuresi e torture sugli animali sono così presenti nei serial killer da essere considerati segni premonitori del comportamento omicidiario seriale.

Disturbo dissociativo dell’identità (ex personalità multipla). Si tratta della diagnosi più controversa, soprattutto in ambito forense. Alcuni studiosi non ne ammettono l’esistenza, ritenendo che la personalità multipla sia solo una diagnosi di comodo, un espediente per deresponsabilizzare l’autore di un omicidio mediante l’attribuzione del delitto ad un’altra personalità del medesimo individuo.

Fonte: Trisciuoglio, B. Il Serial Killer: Profilo Psicologico, Classificazione e Tecniche Investigative. Tesina presentata per il Corso di Formazione in Psicologia Giuridica, Psicopatologia e Psicodiagnostica Forense presso l’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica, 2010.

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